Moira Ricci e Alina Marazzi: ricordare è ritornare
A review and a comparison between the docu-film by Alina Marazzi, Un’ora sola ti vorrei (2002) and the series of photographies by Moira Ricci, titled 20.12.53-10.08.04 and realized between 2004 and 2014.
[This text is in Italian]
Moira Ricci, Fidanzati, from the series of 50 photos 20.12.53-10.08.04, 2004-2014, lampda print on dibond, 20×30 cm.
Gabriel García Marquez scriveva che “la memoria del cuore elimina i cattivi ricordi e magnifica quelli buoni, e grazie a questo artificio riusciamo a sopportare il passato”.
Lo sanno bene Moira Ricci e Alina Marazzi, artiste diverse ma accomunate dalla stessa necessità di ricordare. Entrambe lo fanno partendo dalla medesima intuizione: le immagini sono la migliore espressione del nostro passato. O, almeno, sono ciò che lo rende visibile.
Quasi fosse un manifesto della propria natura artistica, il loro lavoro differisce tanto nella forma quanto nel contenuto. La Ricci si intrufola nelle vecchie fotografie ritraenti la madre, contestualizzandosi perfettamente in esse al punto tale che si potrebbe pensare che fosse presente al momento dello scatto. La sua serie di cinquanta fotografie è quasi fantascientifica – se non addirittura orrorrifica – nel concetto, con la figura dell’artista che appare come una presenza fantasmatica ossessivamente interessata alla donna che l’ha generata. E così il presente, sebbene “truccato” alla perfezione, diviene un’ombra come il passato che lo accoglie; un elemento estraneo ed estraniante che sembra mostrarci l’impossibilità di stabilire una reale dialettica tra il tempo nel tempo.
Still frame from Un’ora sola ti vorrei (2002) by Alina Marazzi.
Differentemente, e quasi in antitesi col lavoro della Ricci, Alina Marazzi unisce, taglia e dà ritmo a foto e filmini di famiglia legandoli attraverso le parole di sua madre. Un’ora sola ti vorrei è un’opera densa, drammatica e al limite del teatrale nel suo essere un viaggio nelle memorie di una vita segnata dalla sofferenza. Il film è un tributo a una e tante donne, madri. Un quadro di una maturità profondamente nostalgica che mette in contrasto le immagini e le parole scritte per mostrare gli attimi di una vita, anche quelli più terrificanti. Dunque, ripensare il passato – plasmandolo senza stravolgerlo e ricordandolo senza filtri – si concretizza come un’attività imprescindibile per lasciare spazio alla verità. E la verità di Moira Ricci e Alina Marazzi è universale, perché quello della propria madre è un amore dal quale nessuno vorrebbe separarsi. È il cuore pulsante che ha dato vita al lavoro di queste due artiste e che, sebbene spesso venga dimenticato, dà vita a chiunque di noi.