Museo per la Memoria di Ustica

by Chiara Macerola

A text about the permanent installation of Christian Boltanski written in January 2020 after a workshop with junior high school students.
[This text is in Italian]

Christian Boltanski, permanent installation at Museo per la Memoria di Ustica, Bologna.

Strage di Ustica
27 giugno 1980
Aeromobile DC-9 compagnia Itavia

Scegli una giornata nuvolosa, di quelle dell’inverno bolognese, in cui sembra non sorgere il sole.

Scegli di andare la mattina presto, per godere così di una luce bassa, quasi serale.

All’ingresso del museo pensa di entrare come in un mausoleo o in una grande cappella funeraria pubblica ed entra da sola. Varcata la porta verrai immersa in una dimensione atemporale, trovandoti di fronte l’enorme carcassa del DC-9. Il percorso si svolge tutto intorno all’aereo, l’ambiente ricorda quello di un hangar militare e tu sei un testimone del relitto appena riemerso. Sei nel 1991, nell’aeroporto di Pratica di Mare dove viene portato l’aereo, dopo lunghe operazioni di recupero; a undici anni dalla tragedia sembra che questo sia il primo vero passo verso lo svelamento della verità.  Una verità nascosta perché scomoda al punto da preferire lasciarla nei fondali del Mediterraneo e tentare di dimenticare. Ancora oggi non si hanno certezze sulle responsabilità, sulla dinamica che ha portato all’inabissamento del DC-9. A lungo si è parlato di un attentato terroristico da parte dell’eversione di destra, un ordigno fatto esplodere su un aereo di linea, similmente a quanto accadrà a due mesi di distanza, nell’agosto 1980, proprio a Bologna. Ma la storia delle indagini, dell’occultamento e della distruzione di registrazioni radar e di documenti che sarebbero stati fondamentali a ricostruire la dinamica dei fatti, è molto più complessa. Per quanto ancora ci sia da chiarire, questa vicenda coinvolge non solo le istituzioni italiane, bensì anche i governi francese, libico e statunitense nel contesto di una guerra aerea, nella quale il DC-9 si è trovato coinvolto solo per errore, per una fatalità.

Fermati un paio di minuti a osservare l’aereo nella sua totalità, dopo inizia il tuo percorso da sinistra; continua a guardare l’aereo, ma ora soffermandoti sui dettagli, cerca di scorgere tracce di vita passata all’interno, non è solo un ammasso di ferro, è la tomba di 81 persone.

Camminando inizierai a essere circondata da voci, da bisbigli, non riesci a capire bene da dove provengano e, guardandoti intorno, ti accorgi degli specchi neri appesi alle pareti. Tutti in fila, in ordine, tu continua a camminare e lasciati circondare e confondere dalle voci, dagli specchi, dai resti dell’aereo; presta attenzione alle parole diffuse: sono le parole di persone diverse. C’è la bambina che sta andando in vacanza dai nonni, c’è la signora che vorrebbe andare a Roma, c’è l’uomo che non sa come comunicare con la donna che ama. Riesci a sentirli? Riesci a vederli? Sono loro, sono gli 81 passeggeri che ora sono accanto a te; anzi, sei tu tra loro, forse seduta al posto 12B, immersa anche tu nei tuoi pensieri – nei prossimi giorni vorrei andare a Cefalù – mentre guardi fuori il cielo nero della notte dal piccolo finestrino e su cui vedi il tuo riflesso, proprio come nello specchio nero.

Ora fermati, prenditi del tempo per guardare ancora l’aereo, ma da un’altra visuale, in prossimità della coda, dove si trova anche la scaletta d’ingresso e la struttura è più integra. Alza lo sguardo, avrai notato dall’inizio del percorso che dal soffitto scendono molte lampadine; contale, sono 81; osservale bene: la loro luce si affievolisce, ma non si spegne mai, come la memoria da preservare, da tenere viva, per le vittime e le loro famiglie, che ancora oggi chiedono la verità.

Il percorso circolare ti porta ora verso la fine, ma prima soffermati un momento su quei grandi blocchi neri accanto ai resti. Cosa sono? Cosa contengono? Sono delle tombe; delle tombe non per gli uomini e le donne dell’aereo, ma per quegli oggetti personali a loro appartenuti, che stanno per le persone e che Boltanski ha voluto custodire, proteggere dagli sguardi di noi osservatori, lasciando che quegli oggetti continuassero a essere effetti personali, riconoscibili solo dai parenti, non trasformandoli in nature morte che suscitassero sconcerto o commozione in chiunque.

Sei ora tornata al punto di partenza, prima di uscire volgi un ultimo sguardo d’insieme a quel memoriale; sei di nuovo nel 2020, ora è il momento di continuare a preservare la memoria, parla con tutte le persone a te care di questa esperienza.

Chiara Macerola was born in Rome in 1992. She studied Art History at La Sapienza University and Visual Arts in Bologna, where she currently lives. Her different approach to her studies has enabled her to cultivate an interest in both contemporary and modern art, and to approach cultural studies. At the same time, she has carried out training and apprenticeships in various types of cultural institutions, such as the Fondazione Memmo in Rome and MamBo in Bologna. At present, her research focuses on early 20th-century German art, with particular attention to the graphical production of the protagonists of the Die Brücke movement.